Il Tribunale 
 
    Letti gli atti del proc. n. 2718/12 RGNR e  n.  751/13  RGIP  nei
confronti di Di GIUSEPPE Aurelio per il reato di cui all'art. 388,  3
e 4 comma cp 
    Premesso che: 
        In data 17/4/2012 l'ufficio del P.M. presso il  Tribunale  di
Avezzano ha esercitato l'azione penale  nei  confronti  dell'imputato
depositando presso questo Ufficio richiesta di emissione  di  Decreto
Penale di condanna in relazione al reato sopra  indicato,  nonostante
l'espressa  opposizione   del   querelante   alla   definizione   del
procedimento mediante decreto penale di condanna  formulata  ex  art.
459 c.1 prima parte cpp. 
    Con la richiesta di emissione di  Decreto  Penale  l'ufficio  del
P.M. ha sollevato altresi' questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 459 c.1 cpp nella parte in cui prevede, per  i  soli  reati
perseguibili a querela, il potere in capo al  querelante  di  opporsi
alla definizione del procedimento con decreto penale di condanna, per
contrasto  di  detta  norma  con  gli  artt.  3,   101,   111   della
Costituzione. 
    In particolare la Procura ha rilevato una contrarieta'  dell'art.
459 c.1 prima parte cpp  all'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il
duplice  profilo  dell'irragionevolezza  della  norma  e  della   sua
violazione  al  principio  di  uguaglianza  atteso  che   il   potere
attribuito dalla legge al querelante di opporsi alla definizione  del
procedimento attraverso il rito monitorio non risponderebbe ad  alcun
interesse giuridicamente apprezzabile in capo al querelante, degno di
tutela. 
    Difatti, secondo il P.M., la persona offesa dal reato e' in primo
luogo portatrice  di  un  interesse  a  veder  dichiarata  la  penale
responsabilita' dell'autore del reato con la conseguente  irrogazione
di una sanzione penale, interesse che viene parimenti soddisfatto sia
attraverso lo svolgimento del processo con un qualsiasi  rito,  anche
speciale, che si conclude con una sentenza, sia  attraverso  il  rito
speciale di cui agli artt.  459  e  ss.  cpp,  attesa  la  natura  di
sentenza del decreto penale di condanna. 
    In secondo luogo la persona offesa dal reato e' portatrice di  un
interesse al risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti al
reato, che non sempre e' soddisfatto all'esito della definizione  del
processo penale e cio'  avviene  sia  nel  caso  di  definizione  con
decreto  penale  di  condanna,  che  in  caso  di   definizione   con
«patteggiamento» ai sensi dell'art. 444 cpp, riti in entrambi i quali
e' esclusa dal legislatore qualsiasi delibazione da parte del Giudice
penale in ordine alla pretesa risarcitoria della  parte  offesa,  che
dovra' essere fatta successivamente valere in sede civile. 
    Da quanto sopra discende che il querelante non  vede  leso  alcun
diritto dalla definizione del procedimento a mezzo del  rito  di  cui
all'art.  459  cpp,  atteso  che   detto   rito   si   conclude   con
l'applicazione di una sanzione penale nei confronti del  responsabile
e che, in ogni caso, garantisce la tutela risarcitoria in sede civile
come avviene anche in caso di patteggiamento ex art. 444 cpp. 
    A parere della Procura, pertanto, la possibilita' concessa  dalla
legge al querelante di opporsi alla definizione  del  procedimento  a
mezzo dell'emissione del decreto penale di condanna si configurerebbe
irragionevolmente come un mero «capriccio» concesso  dalla  norma  al
querelante, ovvero come la possibilita' di infliggere al querelato il
pati di un processo  che  da  strumento  di  accertamento  dei  fatti
diviene per se' stesso una sanzione  nei  confronti  dell'autore  del
reato. 
    Evidenzia poi il PM che la possibilita' concessa al querelante di
opporsi alla definizione del procedimento a mezzo del decreto  penale
di condanna creerebbe una disparita' di trattamento, con  conseguente
violazione del principio di uguaglianza dei  cittadini  dinanzi  alla
legge  di  cui  all'art.  3  della  Costituzione,  tra  soggetti  nei
confronti dei quali  il  querelante  si  sia  o  meno  avvalso  della
facolta' di opporsi alla definizione  del  procedimento  con  decreto
penale nonche' degli autori di reati perseguibili d'ufficio sottratti
all'esercizio della facolta' di opposizione della persona offesa alla
definizione del procedimento con decreto penale, questione che  pero'
appare  manifestamente  infondata  riguardando   scelte   legislative
inerenti fatti reato aventi diverso sistema di procedibilita'. 
    Sottolinea infine il PM che la facolta'  concessa  dall'art.  459
c.1 prima parte cpp di opporsi alla definizione del procedimento  con
decreto penale  di  condanna,  confliggerebbe  con  il  principio  di
ragionevole  durata  del  processo  di   cui   all'art.   111   della
Costituzione  in  quanto  l'instaurazione  del  processo   con   rito
ordinario  a  seguito  dell'opposizione  comporta   una   inevitabile
dilatazione dei tempi processuali, nonche' una  violazione  dell'art.
101 della Costituzione in quanto sottrarrebbe al  Pubblico  Ministero
la titolarita' dell'esercizio dell'azione penale ed al Giudice per le
indagini  preliminari  la  giurisdizione  inerente  l'emissione   del
decreto penale di condanna a seguito della richiesta del PM. 
    Tale questione appare manifestamente infondata quanto al  profilo
della sottrazione  al  GIP  della  giurisdizione  mentre  si  ritiene
fondata in relazione alla sottrazione al  PM  delle  sue  prerogative
inerenti l'esercizio dell'azione penale. 
    Premesso quanto sopra questo Giudice ritiene  sussistere  sia  la
rilevanza  della  decisione  sulle  questioni  di   costituzionalita'
proposte in relazione al giudizio a quo, atteso che  dalla  decisione
delle stesse dipende la possibilita' per questo Giudice  di  definire
il procedimento mediante l'emissione di decreto  penale  di  condanna
come richiesto dal PM, ovvero l'obbligo  di  rigettare  la  richiesta
rimettendo gli atti al PM perche' proceda con altro rito, sia la  non
manifesta infondatezza delle stesse per i motivi di seguito indicati. 
    Ravvisa infatti questo Giudice l'illegittimita' dell'art. 459 c.1
prima parte cpp, cosi' come modificato dall'art. 37  della  legge  n.
479/99 nella parte in cui  prevede  la  facolta'  del  querelante  di
opporsi, in caso di reati procedibili a querela, alla definizione del
procedimento con  l'emissione  di  decreto  penale  di  condanna  per
violazione dei principii di ragionevolezza e di uguaglianza ex art 3,
di obbligatorieta' dell'azione penale previsto dall'art. 112 e  della
ragionevole durata  del  processo  di  cui  all'art.  111  c.2  della
Costituzione. 
    Ritiene in primo luogo questo Giudicante che la facolta' concessa
dall'art. 459 ci prima parte  cpp,  al  querelante  di  opporsi  alla
definizione del procedimento penale con decreto penale  di  condanna,
configura un  vulnus  al  principio  di  obbligatorieta'  dell'azione
penale  previsto  dall'art.  112  della  Costituzione,  principio  di
carattere generale  che,  nell'attuale  sistema  costituzionale,  non
prevede deroghe ne' con riferimento all'esercizio dell'azione ne' con
riferimento alle modalita' di esercizio della  stessa  da  parte  del
Pubblico Ministero. 
    Con particolare riguardo al profilo della modalita' di  esercizio
dell'azione penale, si osserva che l'ordinamento processuale  rimette
la scelta del  rito  (giudizio  direttissimo,  immediato,  ordinario,
procedimento per  decreto)  esclusivamente  all'ufficio  del  PM,  in
presenza ovviamente dei presupposti di legge previsti per  i  singoli
riti. 
    Soltanto nel caso del rito abbreviato in cui la scelta e' rimessa
alla volonta' dell'imputato, e nell'ipotesi di applicazione  pena  ex
art. 444 cpp in cui scaturisce dall'accordo tra accusa  ed  imputato,
la scelta del rito non e' rimessa, almeno in via esclusiva, al PM, ma
in tali casi il legislatore ha fatto una precisa scelta  di  favorire
riti premiali con chiare caratteristiche deflattive  coerente  con  i
principii costituzionali del diritto di difesa, del contraddittorio e
della ragionevole durata del processo  sanciti  dall'art.  111  della
Costituzione, non prevedendo in tali casi alcuna possibilita' ne' per
il querelante ne' per la parte  offesa  dal  reato  di  opporsi  alla
scelta del rito, sebbene nell'ipotesi di cui  all'art.  444  cpp  sia
preclusa, come nel caso di procedimento per decreto ex art. 459  cpp,
al Giudice qualsiasi delibazione in  ordine  alle  eventuali  pretese
risarcitorie derivanti dal reato. 
    Orbene, si osserva che anche il procedimento per decreto  di  cui
all'art. 459 e ss cpp  ha  natura  premiale  in  quanto  prevede  una
riduzione  di  pena  rispetto  alla  sanzione  edittale  laddove   il
procedimento sia definito con detto rito, cosi' come avviene in  caso
di rito abbreviato ex art. 438 cpp e nel caso di applicazione pena ex
art. 444 cpp e, in quanto tale, attende ad una funzione deflattiva in
ossequio al principio di ragionevole durata del processo,  e  non  e'
comprensibile, quindi, la  ragionevolezza  della  scelta  legislativa
effettuata con la norma impugnata  di  consentire  al  querelante  di
opporsi alla scelta del PM di esercitare l'azione penale mediante  la
richiesta al Giudice di  emettere  un  decreto  penale  di  condanna,
costituente l'unico caso nell'ordinamento  in  cui  e'  previsto  che
l'Ufficio del Pubblico Ministero sia condizionato nella scelta  della
modalita' di esercizio dell'azione penale in  palese  violazione  del
principio della obbligatorieta' dell'azione penale ex art.  112  che,
come e' noto, non tollera limitazioni, e della ragionevole durata del
processo di cui all'art. 111 della Costituzione. 
    Appare quindi condivisibile l'assunto della Procura  di  Avezzano
secondo il quale il querelante e' in  primo  luogo  portatore  di  un
interesse a veder dichiarata la  penale  responsabilita'  dell'autore
del reato con la conseguente  irrogazione  di  una  sanzione  penale,
interesse  che  viene  parimenti  soddisfatto   sia   attraverso   lo
svolgimento del processo con un qualsiasi rito, anche  speciale,  che
si conclude con una sentenza, sia attraverso il rito speciale di  cui
agli artt. 459 e ss. cpp, attesa la natura di  sentenza  del  decreto
penale di condanna. 
    In secondo luogo il querelante e' portatore di  un  interesse  al
risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti al  reato,  che
non sempre e' soddisfatto all'esito della  definizione  del  processo
penale e cio' avviene sia nel caso di definizione con decreto  penale
di condanna, che in caso di definizione con «patteggiamento» ai sensi
dell'art.  444  cpp,  riti  in  entrambi  i  quali  e'  esclusa   dal
legislatore qualsiasi delibazione da  parte  del  Giudice  penale  in
ordine alla pretesa risarcitoria  della  parte  offesa;  pretesa  che
dovra' essere fatta successivamente valere in sede civile in entrambi
i casi, ma che sono sottoposti ad  una  irragionevole  diversita'  di
disciplina per quanto riguarda la facolta' del querelante di  opporsi
alla scelta del rito con cui definire il procedimento penale. 
    Appare quindi che la norma che consente al querelante di  opporsi
alla scelta del PM di esercitare l'azione penale  mediante  richiesta
di decreto  penale  di  condanna,  che  peraltro  non  garantisce  il
querelante circa il fatto che il PM non  possa  addivenire  ad  altro
rito (es. patteggiamento) in cui le ragioni della parte offesa  siano
in qualche modo pretermesse, non trovi alcun  ragionevole  fondamento
oltre a prestarsi ad una illegittima  forzatura  della  funzione  del
processo che da strumento di accertamento dei fatti diventa  per  se'
stesso una sanzione nei confronti dell'autore del  reato,  situazione
che non ha cittadinanza alcuna nel nostro ordinamento. 
    Oltre a cio' va considerato che la previsione della facolta'  del
querelante di opporsi alla definizione del procedimento  con  decreto
penale, comporta necessariamente il ricorso ad  altro  rito  con  una
inevitabile ed ingiustificata dilatazione dei  tempi  di  definizione
del processo in palese violazione  del  principio  della  ragionevole
durata di cui all'art. 111 della Costituzione. 
    Il parametro della ragionevolezza appare poi violato dalla  norma
impugnata anche con riferimento al fatto che sebbene la  facolta'  di
opposizione alla definizione con rito monitorio sia prevista solo  in
caso  di  reati  procedibili  a  querela,  una  stessa  facolta'   di
opposizione in capo al querelante non  e'  prevista  con  riferimento
alle  ipotesi  di  applicazione  pena  ex  art.  444  cpp  nei  reati
procedibili a querela. 
    In proposito va evidenziato come in riferimento  al  procedimento
per decreto il legislatore del 1999, nell'estendere  l'applicabilita'
del rito ai reati perseguibili a querela,  abbia  valorizzato  a  tal
punto il concetto di perseguibilita' a querela da sconfinare  in  una
illegittima, e unica in tutto l'ordinamento processuale,  limitazione
del potere costituzionale di  scelta  della  modalita'  di  esercizio
dell'azione penale da parte del PM, dimenticando che  il  diritto  di
querela e' solo una condizione di  procedibilita'  per  taluni  fatti
gia' previsti come reato dall'ordinamento, la cui perseguibilita'  e'
rimessa alla sussistenza di un particolare  interesse  della  persona
offesa la quale una volta che manifesta la volonta' di procedere  con
la presentazione della querela, sottopone  il  processo  a  tutte  le
prerogative costituzionali inerenti l'esercizio dell'azione penale da
parte del PM ed alle garanzie di  cui  all'art.  111,  prerogative  e
garanzie che appaiono violate dalla disciplina impugnata.